Il Libro

AVREI VOLUTO UN’ALTRA VITA
Racconti dal carcere
a cura di Antonella Bolelli Ferrera

Tutti loro avrebbero voluto una vita diversa, ma gli è toccata questa. C’è chi ha dovuto dimostrare di essere un uomo d’onore sporcandosi le mani di sangue a soli quindici anni, chi s’immagina in Marocco ad aspettare un carico di hashish che non arriverà mai, chi si ribella a un padre violento, chi a un marito, fino a ucciderli. Le loro voci echeggiano lungo il corridoio: Fulvio vorrebbe solo una dannata sigaretta, Giorgio vagheggia la sua amata Rosa, Ciccio aspetta il momento giusto per dare una lezione al traditore.

Sono i racconti finalisti del Premio Goliarda Sapienza, concorso letterario rivolto alle persone detenute. Quindici storie di vite oltre il limite, di uomini e donne in trappola, in attesa di un domani diverso: storie di follia e di dolore, di vendette pensate e consumate, ma anche di sogni e speranze. Qualcuno riesce a raccontare con ironia il suo primo giorno di permesso fuori del carcere, anche se potrebbe essere l’ultimo della sua vita. E chi, persino, immagina il mondo futuro.

Quindici narrazioni di grande impatto emotivo che gettano un ponte tra chi sta dentro e chi fuori. Due mondi distanti. Apparentemente distanti.

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AVREI VOLUTO UN’ALTRA VITA
Racconti dal carcere
a cura di Antonella Bolelli Ferrera

Tutti loro avrebbero voluto una vita diversa, ma gli è toccata questa. C’è chi ha dovuto dimostrare di essere un uomo d’onore sporcandosi le mani di sangue a soli quindici anni, chi s’immagina in Marocco ad aspettare un carico di hashish che non arriverà mai, chi si ribella a un padre violento, chi a un marito, fino a ucciderli. Le loro voci echeggiano lungo il corridoio: Fulvio vorrebbe solo una dannata sigaretta, Giorgio vagheggia la sua amata Rosa, Ciccio aspetta il momento giusto per dare una lezione al traditore.

Sono i racconti finalisti del Premio Goliarda Sapienza, concorso letterario rivolto alle persone detenute. Quindici storie di vite oltre il limite, di uomini e donne in trappola, in attesa di un domani diverso: storie di follia e di dolore, di vendette pensate e consumate, ma anche di sogni e speranze. Qualcuno riesce a raccontare con ironia il suo primo giorno di permesso fuori del carcere, anche se potrebbe essere l’ultimo della sua vita. E chi, persino, immagina il mondo futuro.

Quindici narrazioni di grande impatto emotivo che gettano un ponte tra chi sta dentro e chi fuori. Due mondi distanti. Apparentemente distanti.

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Introduzione

di Antonella Bolelli Ferrera

“Anche se non sono arrivato in finale, sono felicissimo di aver partecipato. L’arricchimento per me è stato davvero importante”.

Mi si stringe lo stomaco, quando giunge la lettera di Massimiliano. Non ha secondi fini, vuole soltanto dirmi grazie.

Mi affretto a rileggere il suo racconto, che non ce l’ha fatta a classificarsi fra quelli finalisti del Premio Goliarda Sapienza. Parla di un latitante, la storia ci sarebbe, ma poi si è un po’ perso.

Quello che mi stupisce sono i progressi che ha fatto da quando alcuni mesi prima ha iniziato a frequentare eWriting, l’arte dello scrivere, il laboratorio di scrittura in e-learning che ha coinvolto sessanta persone ristrette in carceri diverse. Ascoltare i consigli dei tanti scrittori che hanno partecipato al progetto, poter colloquiare con loro, ha rappresentato uno stimolo, ha fatto scattare in lui la scintilla.

Non si può parlare dei racconti di questa antologia senza dire di ciò che ci sta dietro, delle persone. Sono donne e uomini che si sono calati nei panni dello scrittore, affrontando la lettura di testi, ascoltando lezioni, partecipando a chiacchierate letterarie, tessendo di giorno in giorno la trama dei loro racconti.

I più avvantaggiati sono stati i detenuti di lungo corso, perché i molti anni di carcerazione e la prospettiva di tornare chissà quando in libertà li hanno avvicinati da tempo alla lettura, primo indispensabile passo verso la scrittura. Nei loro scritti si percepisce una certa maestria nel costruire l’intreccio, nel prendere spunto dal proprio passato per inventarsi personaggi nuovi, mai scontati. Come S., ergastolano fine pena mai. Proprio così, mai. Durante un colloquio, ho saputo che, quando entrò in carcere ancora ventenne, il suo livello scolastico era poco più che elementare. Oggi ama gli scrittori russi ed è stato il trascinatore del gruppo Alta Sicurezza di Saluzzo durante l’attività di laboratorio. In attesa di ogni nuova lezione, era lui che dispensava consigli ai colleghi meno esperti. Il suo racconto di mafia in una Palermo assolata, racchiude un mistero che tiene con il fiato sospeso.

La vena letteraria qualcuno ce l’ha innata, come E., giovane autore di una intrepida storia raccontata al femminile.

C’è invece chi partiva da zero. “È il primo che leggo” rivela candidamente qualcuno alle prese con uno dei tanti libri che abbiamo fatto giungere ai gruppi di partecipanti, ma è un passo da gigante per chi, ancora bambino, riceveva in dono una pistola vera anziché un giocattolo. Chi proveniva da quei contesti è stato tentato più di altri di trarre spunto dalla propria vita, vicende criminali comprese, e alcuni racconti trasudano verità.

Sono pieni di azione quello della caccia all’infame che ha “venduto” un compagno di sezione; dell’hashish trasportato a dorso d’asino lungo un dirupo scosceso; del ragazzino che, condotto in una zona remota dell’Aspromonte, è costretto a uccidere: “Bravu ora si ciù omu” gli dice il padre, soddisfatto.

Trova spazio anche l’introspezione nella sezione di isolamento di un carcere dove sono rinchiusi sei pazzi e l’immancabile antagonista, la guardia; o nel sogno che, come in un girone dantesco, dovrebbe condurre il protagonista verso la luce, per poi scoprire che invece per lui non c’è redenzione.

Spicca per originalità il racconto di fantascienza dove s’immagina un futuro nel quale emozionarsi è proibito.

C’è amore sconfinato per la madre nel cuore di Cristian, al punto di uccidere per salvarla dalla violenza del padre. Amore negli occhi tristi di Aisha, che incontra in Italia il suo Mosè, migrante come lei. C’è desiderio nelle fantasie di Giancarlo, prossimo al primo permesso premio.

Dei quindici racconti di questa antologia, tre sono storie di donne scritte da donne: crude, dirette, dolorose. Giorgia, alle prese con alcool e sballi come interesse primario della sua giovane vita, scopre d’un tratto che di questo si può anche morire. Patrizia non desidera altro che uccidere il padre adottivo e mette a punto un piano, pregustando l’esito finale. Le cose, però, non andranno come aveva pensato. Tradimento, prostituzione, brutalità, persino lo stupro subito dal branco, sono il leitmotiv della storia narrata come un flusso di coscienza da Filomena, una delle tante donne che ogni giorno subiscono violenze. Spesso, fino a soccombere. Eppure, in tanta miseria, emerge ancora un filo di speranza.

Grazie a Cinzia Tani, che per quindici settimane è stata l’editor del laboratorio eWriting, e a Maria Pia Ammirati, Gianrico Carofiglio, Pino Corrias, Serena Dandini, Erri De Luca, Paolo Di Paolo, Nicola Lagioia, Dacia Maraini, Massimo Lugli, Antonio Pascale, Romana Petri, Federico Moccia, Mariacarmela Leto, Andrea Purgatori, Marcello Simoni, che si sono alternati negli incontri letterari, sessanta persone, dalle carceri, hanno portato a termine il lavoro di scrittura. Poi si è passati al Premio Goliarda Sapienza e come in ogni concorso che si rispetti, è stata necessaria una selezione (molto sofferta) per scegliere i racconti finalisti. Ecco i migliori.

Il Premio Goliarda Sapienza

I Vincitori

1° classificato

Sette pazzi
di Edmond

La voce non parla più, odio doverla zittire, ma è l’unico momento in cui riesco a restare un po’ solo, senza quella stramaledetta che pensa di conoscermi. È più scontata di questo mondo che ritiene uguali le fauci di ogni mostro. Poveri scemi, credono che ogni mostro nasca nell’ombra, ma io sono nato al sole; e poiché non nascondo il mio odio nell’ombra vengo confinato qui, quando meriterei un premio per la sincerità, per aver trovato il coraggio di non tollerare l’intollerabile. Ho ucciso, pazienza. Tutto il mondo uccide, ma solo io finisco in questo buco.

Non mi sento un uomo, ma un castello di lego; ogni giorno il mondo mi smonta, ed io ogni volta mi ricostruisco; però ogni volta lo faccio diversamente. Per esempio oggi ho dimenticato di costruire le torri a difesa del mio castello, e mi sento così vulnerabile, indifeso; in questo posto che attacca di continuo, ho paura persino delle cose più sciocche: sono come un pezzo di cristallo che reagisce solo una volta che si è infranto.

Quel pazzo lì dentro mi ucciderà, e nessuno giungerà alle mie grida, ed è colpa mia se questo luogo si è abituato alle urla. E anche se la mia profonda bassezza mi spinge a tentare disperatamente di salvare la mia insensata vita, la coscienza mi spinge verso la fine. La gabbia si sta per aprire, sono pronto: questa è giustizia, questa è la mia giustizia.

Motivazioni
Su un tema, come la follia, tipico di molta tradizione letteraria e frequente nella vita reclusa, l’autore ha saputo costruire un racconto ingegnoso, con personaggi ben delineati e un finale sorprendente.

Premio Vatican News
ex aequo

Cose che capitano a palermo
di Salvatore Torre

Una volta accompagnato davanti ai due, il ragazzo, che sino ad allora era rimasto in auto, guardò verso la donna, che si sentì devastare dall’umiliazione. Senza far trasparire il proprio stato d’animo, volse lo sguardo all’uomo con la mazza.
“Restituisci l’onore alla tua famiglia” gli comandò, mettendogli tra le mani un revolver.
“No!” urlò la donna, mentre suo figlio puntava l’arma contro l’uomo riverso per terra e faceva fuoco.

“Uh, ma lo sai chi è quello lì? Tuccio Mandragora, un gangster” le disse Gigino, avendo percepito la sua improvvisa tensione.
Annina scrollò le spalle: “Non sono fatti nostri”. Quindi lo tirò leggermente per il braccio, perché riprendessero a camminare.

L’uomo gettò uno sguardo nella sala, incrociando per un istante quello di un sinore con una borsa di documenti in mano, che stava entrando nel bar: Michele lo Zinno l’osservò di sottecchi, mentre senza fretta infilava la mano dentro il giubbotto. Sentendo incombere il pericolo, Annina abbandonò la cassa e si avviò verso l’uscita. Una volta in strada, svoltò l’angolo e, senza guardarsi indietro, prese a camminare veloce; l’eco dei colpi dell’arma da fuoco la raggiunse qualche istante dopo.
Uomo fidato della procura, valoroso investigatore, impegnato in prima linea nella sfida con la Mafia è stato ucciso stamani nel centro della città; lodi e lodi post mortem dalle istituzioni che gli aveva però revocato la scorta; ma che vogliamo farci: sono cose che capitano, a Palermo –

Motivazioni

Due racconti molto diversi e ben riusciti per originalità e grazie a una scrittura consapevole che elimina ogni enfasi e per questo coinvolge.

Premio Vatican News
ex aequo

Allegoria di un’espiazione senza attenuanti
di Arizona

Scavata sulla pancia di quell’enorme montagna, la gradinata si allungava vertiginosa, correndo incontro a una vetta ripida e lontana, molto lontana.
Iniziai a risalirla senza un perché. Sapevo che dovevo farlo, solo questo.

Qui
Sepolti nell’indolenza dei
Senza tempo
Per chi privo di perdono è spirato
Tutti insieme
Il canto dei morti ammazzati
Danziamo

L’anziana donna mi fece segno con la mano di seguirla, così senza discutere mi accodai a lei, anche perché nonostante mi sforzassi, non riuscivo a raggiungerla. A un certo punto le chiesi:
“Cosa va predicando?”.
“Chiamo il Signore” rispose lei.
“Perché?”
“Perché la mia voce arrivi a lui”.
“Ha tante cose da chiedergli?”
“Una soltanto. Chiedo clemenza” concluse.

Motivazioni

Due racconti molto diversi e ben riusciti per originalità e grazie a una scrittura consapevole che elimina ogni enfasi e per questo coinvolge.

Premio racconto femminile più votato

Ti ho ucciso
di Patrizia Durantini

Ho sognato di ucciderlo di nuovo.
Non ho mai desiderato così tanto di ammazzare una persona, per di più mio padre!
Giuro che non vorrei questo pensiero che mi tormenta.
Sono anni che ci convivo.
Non so nemmeno descrivere quanto io lo ami nel profondo del cuore ma c’è troppo odio che soffoca l’amore.

Lui mi diceva che sarei diventata come mia madre, una criminale e una tossica, che non dovevo credere a nessuno eccetera eccetera. Andando avanti le sue parole divennero le mie azioni.

Quanto vorrei amarlo, quanto desidererei cancellare tutto il dolore, poter riuscire a dire che è stato solo un bruttissimo incubo.
Ho provato in tanti modi.
Ma niente.
Ero incatenata al suo male. Stavo in una prigione.
Completamente sola.

Motivazioni

Racconta, emozionando, l’inquietudine di un asprissimo conflitto fra padre e figlia, e riesce a volare alto sopra il tragico epilogo annunciato.

Premio speciale

Si prontu?
di Gesuele Ventrice

È notte fonda. Mi sveglio di soprassalto come ormai succede da dieci anni, scendo piano dal terzo letto a castello per non svegliare Rocco e mio cugino Nino che russano sotto di me.
È inverno inoltrato, dalla finestra sgangherata filtra un vento gelido che mi trapana le ossa, prendo una Marlboro rossa da sopra il tavolo fissato al muro e per non fare rumore vado in bagno, spalanco la finestra e inizio a fumare. L’aria fredda sul viso è tagliente, ma allo stesso tempo piacevole, in lontananza si sentono i rintocchi di una campana; mi lascio trasportare da quel suono.
La luna piena vista a quadratini stanotte è bellissima, penso tra me e me. Chissà che fine ha fatto quella casetta in montagna, malconcia e senza finestre?

Una miriade di pensieri mi affollano la mente, “mio fratello ucciso dal padre della mia fidanzatina”, quelle parole mi trafiggono il petto come la lama di un coltello; “l’amore mio non può essere responsabile, non ci credo… l’otto dicembre compio quindici anni, mancano solo due giorni, la nostra fuga… la Francia…”. Mi tappo le orecchie con le mani come se fosse possibile non udire quella vocina maledetta nella testa.
“Ammazzala, ammazzala ti ha tradito.”

“Nipote vieni qua” mi chiama zio Bastiano.
Tutti osservano i miei movimenti. I loro occhi addosso mi innervosiscono, ma allo stesso tempo mi danno la forza per fare quello che devo fare.
“Si prontu?” dice mio zio passandomi il pugnale.
“Sì” rispondo senza esitazione nella voce ma con il cuore che tenta di uscirmi dal petto.

Motivazioni

Il racconto offre, con tutto il suo pathos ancestrale, l’amara visione dei rapporti di faida che tanto hanno insanguinato il nostro Meridione, e si chiude con una frase che per potenza comunicativa ha ispirato il titolo dell’antologia: “Avrei voluto un’altra vita”.

Autori finalisti

 

gli autorii racconti
“ARIZONA”Allegoria di un’espiazione senza attenuanti
CRISTIAN CANÒCon occhi rabbiosi la fissava
GIORGIA CIANFONIDama, qualcosa di bello
GIUSEPPE CIOTOLAGli occhi tristi di Aisha
EUGENIO DEIDDANon chiamatemi Guendalina
PATRIZIA DURANTINITi ho ucciso
“EDMOND”Sette pazzi
ANTONIO GIANNONEI babygang del Bronx
GIANLUCA LANDONIOCaccia all’infame
FILOMENA LORUSSOFrecciamore oltre oltre…
DANIELE POMILIO419403 tu sei l’aggiornamento
GIUSEPPE RAMPELLOCuori randagi
SERGIO SERANGELIKif
SALVATORE TORRECose che capitano a Palermo
GESUELE VENTRICESi prontu?

La Giuria

Elio Pecora

Presidente della Giuria

Giuria di esperti

Giuria di grandi lettori

In collaborazione con:

Biblioteche civiche di Torino
Gruppo di lettura Scuola Holden, Torino
Circolo “Club dei lettori”, Libreria Raffaello di Napoli
Associazione Culturale “Detto tra noi” di Teramo
Gruppo di lettura “Diamoci del tè”, Libreria Dovilio di Caltagirone

Profili selezionati dall’Università eCampus:

Daniela Pericone
Caterina Scopelliti

Giuria di studenti

In collaborazione con:

Torino
Liceo scientifico Cattaneo
liceo classico D’Azeglio
IIS Santorre di Santarosa
liceo scientifico e linguistico G. Bruno
Convitto Nazionale Umberto I
IIS Curie Levi
Istituto professionale Albe Steiner

Rimini
Liceo Classico Giulio Cesare di Rimini

Foggia
Liceo Poerio

Roma
Liceo Scientifico Talete

Napoli
Liceo Elio Vittorini

Giuria Vatican News

Ascolta Vatican News per scoprire come entrare a far parte della Giuria della settima edizione del Premio Goliarda Sapienza.

Riconoscimenti

Al Premio Letterario Goliarda Sapienza “Racconti dal carcere” 2018 è stata conferita la Medaglia del Presidente della Repubblica

PATROCINI: Senato della Repubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Giustizia, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Città di Torino.

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Il Premio a cura di

Dacia Maraini

Madrina del Premio